Stefano Giachè
Stefano Giachè conserva il gusto per il paesaggio tipico della migliore produzione pittorica italiana degli ultimi secoli e lo declina con una tavolozza che indugia sulla luminosità della natura, dell’erba, degli alberi o dei cieli, che nei suoi dipinti raccontano di una cultura figurativa in pittura dalle radici lontane. Giachè ama le vedute tradizionali, strutturate secondo i principi della buona e vera pittura di un tempo, in cui si accompagnava l’occhio dell’osservatore alla scoperta dei dettagli del quadro, della pennellata, dei minuti particolari dell’insieme. Spesso le quinte creano un percorso visivo che induce a riflettere sulla rappresentazione generale, sul realismo e sulla tavolozza, fresca e vitale. Il ‘memento mori’ della natura che invade ogni ricordo della memoria umana è topos letterario e artistico colto e simbolico e a volte Giachè se ne serve per trasformare una veduta in metafora della vita. L’albero proteso verso il cielo, spesso pino marittimo, cipresso o imponente figura dell’opera contiene in sè il simbolo della vita e della tensione verso il cielo, più spirituale che fisica dell’uomo e dell’universo; l’acqua riflette e deforma l’immagine specchiata, come nel “Narciso” di Caravaggio si racconta un’utopia di bellezza e di purezza, rovine antiche si accostano a moderne costruzioni, in un dialogo contemporaneo tra culture e mondi lontani. Insomma, Stefano Giachè incarna il prototipo del pittore vero, quello che eravamo abituati a vedere nei campi o lungo i fiumi, con la sua tavolozza e il cavalletto fidato, per fermare un ricordo, un’immagine. E’ così che ancora oggi la sua pittura coinvolge, perchè possiede la passione del mestiere autentico, il dono di saper cogliere, anche da una pietra, da una nuvola il fascino misterioso e inarrivabile della Creazione.
Prof. Guido FOLCO
Pubblicato su ITALIA ARTE rivista mensile di cultura e del made in italy, mese di Aprile 2010