Pittore e ceramista



Questo è quanto raccontava  il prof. C.Schiavetto,  riguardo la sua conoscenza con Angelo Savelli

Dopo il diploma conseguito in Calabria, A. Savelli venne  a Roma per iscriversi dell’Accademia di Belle Arti e si manteneva agli studi grazie ad una piccola somma mensile messa a disposizione dalla sua famiglia.

Si incontrarono con Corrado Schiavetto in Accademia, ove lo stesso frequentava un corso sulla conoscenza delle tecniche nell’Arte. C. Schiavetto non era diplomato, infatti raccontava di essere in possesso di un attestato professionale di maestro decoratore conseguito presso  l’Istituto D’Arte di Perugia, per questo motivo aveva difficoltà ad essere inscritto. Il principale ostacolo era rappresentato dal professore direttore del corso, verso il quale Schiavetto, avvalendosi della sua esperienza artistica maturata in quegli anni vivendo accanto a tanti artisti, esercitò pressioni di tutti i generi, tali da ottenerne l’iscrizione.

E’ stato quello l’unico esame sostenuto da lui in Accademia Belle Arti di Roma, e più tardi a seguito alle sue innate capacità artistiche vinse un concorso ministeriale ove risultò  primo  e venne così assunto come professore di belle arti.

     Schiavetto viveva da tempo solo, era andato via da casa a 17 anni a seguito di contrasti con il padre, in via dell’Anima (dietro piazza Navona) in una abitazione/studio ove faceva fatica a pagarsi l’affitto. Offrì così a Savelli la possibilità di condividere il suo alloggio facendolo partecipare alle spese. Da quel momento iniziò un periodo di lavoro e amicizia che finirà solo qualche anno più tardi quando A. Savelli deciderà di andare in America.

LO STUDIO IN VIA DELL’ANIMA (1936 – 1938)

       In quegli anni nello studio di via dell’Anima situato di fronte al campanile  della chiesa omonima, in un edificio anch’esso di proprietà del clero, accadeva che i due titolari, Schiavetto e Savelli, frequentatori dell’Accademia di Belle Arti di Roma, animavano spesso le loro serate. Organizzavano delle feste molto frequentate, ove invitavano gli allievi dell’accademia, residenti nel palazzo Braschi, sede di alloggi degli studenti del GUF, e gli studenti stranieri, che invece alloggiavano nel palazzo situato di fronte alla statua del “Pasquino”.  Shiavetto, studente inscritto al GUF, aveva l’autorizzazione a frequentare gli studenti stranieri.

       Le loro feste venivano bene organizzate. Si mangiava quasi sempre in abbondanza solo supplì, pizza e vino, il tutto era  facilmente reperibile nelle tante osterie e rosticcerie della zona. I ragazzi trovavano in quelle feste occasioni per fare baldoria e spesso in preda a stati di ebrezza, causati dal vino, andavano a passeggiare persino sui tetti. Considerato che feste di questo tipo, avrebbero suscitato scalpore e turbamento in tutti i condomini della città, si può immaginare il grande disagio creato in quel luogo che era la sede di seminaristi.

       Un giorno una ragazza si presenta allo studio dei due pittori chiedendo di essere istruita per l’ammissione  all’Accademia di Belle Arti. La richiesta fu accolta con entusiasmo dai due artisti, che le chiesero però in cambio aiuto per tenere in ordine lo studio. Quando a ella capitava di usare il bagno si avvertiva un grande movimento sulle finestre di fronte, in quanto gli studenti del seminario  si accalcavano rumorosamente per guardare la sagoma della donna attraverso le tende. La vita del seminario era così irrimediabilmente turbata, tanto che la direzione li convocò per spingerli a lasciare libero il locale con la speranza di non vederli più, e come incentivo concesse loro di non pagare i cinque mesi di affitto che avevano di arretrato.

GIORGIO DE CHIRICO

          Prima della guerra, molti artisti residenti intorno a piazza del Popolo e zone limitrofe,  si incontravano abitualmente  nei bar della stessa piazza. Tra un gruppo di artisti frequentato dal prof. Schiavetto, era presente un giovane chiamato Giorgio DE CHIRICO. A quel tempo un po’ tutti i componenti del gruppo non avevano molto denaro e anzi erano considerati poveri.

          Un magnate ingegnere di religione ebraica che aveva casa a piazzale Flaminio, all’angolo della strada che dallo stesso sale su verso l’ingresso di villa Borghese, era un amante dell’arte e  conscio dello stato di bisogno dei pittori, soleva organizzare una volta a settimana una cena per tutti, nella propria casa. Il giorno prescelto era sempre quello del mercoledì. Gli artisti erano molto felici di accettare questo invito in quanto permetteva loro di mangiare qualcosa di decente e di divertirsi fino a tarda notte. Purtroppo la guerra interruppe questa consuetudine e finì tutto.

        Quando gli americani arrivarono a Roma, avevano con loro un elenco di nomi con persone da salvaguardare e valorizzare per stimolare l’avvio di una ripresa civile ed economica della città. Tra questi nomi c’era quello dell’artista “Giorgio DE CHIRICO” il quale così ben sponsorizzato cominciò  subito a darsi certe arie tra i vecchi amici.

        Giorgio DE CHIRICO aveva avuto apprezzamenti negli anni precedenti la guerra con la sua pittura “Metafisica” che nacque dal contatto costante e quotidiano che aveva con il fratello, grande uomo di cultura scientifica e matematica, con il quale conviveva.

       Quando si sposò la moglie di origine Ucraina, a detta di Schiavetto anche un po’ bruttina, lo convinse ad iniziare a dipingere con uno stile più classico, ispirato dalla pittura del XVII secolo. Da quel momento De Chirico perse molto il favore del mercato dell’arte. Egli firmò quadri fatti da altri, nel suo stile “Metafisico” dietro adeguato compenso, favorendo  così l’immissione in commercio di molti falsi.

        Qualche anno dopo la guerra, partecipando ad una festa in casa di amici comuni, il pittore DE CHIRICO  fù presentato come un importante e famoso personaggio come era consuetudine, ai partecipanti. Il prof. Schiavetto rimase molto colpito dal fatto che fece finta di non conoscerlo. Allora pensando ai vecchi tempi  gli fece una battuta spiritosa rivolgendosi a lui con  tono ironico facendo riferimento alle gradite cene a casa dell’ingegnere, ma lui dimostrò di non gradire, si girò sdegnato e se ne andò, con grande sorpresa di tutti i presenti.